La revisione prezzi negli appalti pubblici
Avv. Federico Palumbo – Il Consiglio di Stato è tornato a pronunciarsi sulla delicata questione della revisione dei prezzi nell’ambito degli appalti pubblici, ribadendo che tale istituto trova applicazione unicamente nel caso “dei contratti di durata, ad esecuzione continuata o periodica, trascorso un determinato periodo di tempo dal momento in cui è iniziato il rapporto e fino a quando lo stesso, fondato su uno specifico contratto, non sia cessato ed eventualmente sostituito da un altro” (Consiglio di Stato, sez. IV, 7 luglio 2022, n. 5667).
In particolare, come chiarito dai giudici di Palazzo Spada, l’obbligo di revisione del prezzo dei contratti di forniture e servizi costituisce un meccanismo che, a cadenze determinate, consente di determinare, per le prestazioni oggetto del contratto, un nuovo corrispettivo definito in funzione della dinamica dei prezzi registrata medio tempore.
La finalità di questo istituto, quindi, è quella di mantenere invariato l’equilibro contrattuale iniziale in modo da salvaguardare l’interesse pubblico a che la qualità delle prestazioni oggetto dell’appalto resti invariata, cosa che ovviamente non sarebbe possibile se l’appaltatore fosse costretto a farsi interamente carico delle variazioni di prezzo intervenute nel corso del tempo.
Proprio per tale ragione, però, come precisato dal Consiglio di Stato un simile meccanismo può trovare applicazione solo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, mentre come stabilito dall’art. 133, D.Lgs. n. 163/2006, nel caso dell’appalto dei lavori esiste un vero e proprio divieto di carattere generale per la revisione dei prezzi, la cui fluttuazione viene ricondotta al rischio di impresa di cui si fa carico l’appaltatore.