Cosa fare in caso di richiesta di pagamento di canone enfiteutico
La questione connessa al cosa fare in caso di enfiteusi è recentemente diventata di stretta attualità dato che, a seguito dei vari interventi della Corte Costituzionale, che hanno completamente stravolto la disciplina contenuta nelle leggi speciali n. 607/1966 e n. 1138/1970, i concedenti dei rapporti enfiteutici stanno gradualmente procedendo alla riattivazione degli stessi. Dopo svariati decenni in cui i canoni enfiteutici si erano caratterizzati per valori quasi simbolici, infatti, proprio grazie alle succitate pronunce, la giurisprudenza si è progressivamente orientata in senso più favorevole ai concedenti, adottando criteri di aggiornamento del capitale di affranco, e di conseguenza del canone, tali da allinearsi ai valori di mercato.
In sostanza, quelli che prima erano rapporti dimenticati perché privi di rilevanza economica ora hanno acquisito un’importanza tale da indurre i concedenti a far valere, dopo decenni di inerzia, la loro posizione nei confronti degli enfiteuti.
Ciò posto, nel rimandare alle nostre considerazioni sui criteri di aggiornamento del canone, con il presente articolo intendiamo soffermarci brevemente sulla procedura corretta che l’enfiteuta, o comunque la persona nei cui confronti sia rivendicata l’esistenza di un rapporto enfiteutico, deve seguire per tutelare la sua posizione.
Cosa deve fare l’enfiteuta per tutelare la sua posizione
In primo luogo, è bene precisare che l’enfiteusi è una materia estremamente complessa, per cui, prima di compiere qualsiasi attività, è bene rivolgersi ad un professionista che conosca la materia e possa quindi indicare, tenuto conto delle caratteristiche del caso di specie, non solo la posizione da assumere nei confronti della richiesta di pagamento del canone enfiteutico, ma anche e soprattutto gli accertamenti da svolgere per capire la legittimità della stessa.
Tale precisazione può sembrare banale, ma non lo è, perché, anche a causa della natura desueta dell’istituto dell’enfiteusi e della scarsa informazione su tale diritto reale, sovente l’enfiteuta, così come anche molti professionisti, è portato a credere che tale canone sia ormai estinto (e così non è essendo un diritto perpetuo che permane anche in caso di mancata attivazione per svariati decenni) o di aver a che fare con una pretesa economica di poco conto, quasi trascurabile, e se ciò può essere vero per piccoli terreni agricoli, non altrettanto lo è per terreni di grandi dimensioni, ovvero per terreni edificati o edificabili, rispetto ai quali i valori del canone enfiteutico e del capitale di affranco possono essere molto consistenti, tanto da essere, come detto, allineati al valore di mercato.
Il consulto con uno specialista della materia diventa quindi essenziale sia per comprendere il fondamento della pretesa avanzata dal concedente (per nulla scontata), sia per verificare la correttezza dei valori richiesti e ciò anche perché spesso e volentieri i concedenti avanzano le loro richieste solo sulla base delle risultanze catastali le quali, compiendo i giusti approfondimenti, possono essere facilmente contrastate.
Non solo, nel caso di canoni rivendicati da soggetti pubblici il relativo rapporto potrebbe essersi estinto in ragione delle varie leggi che, per eliminare antichi retaggi del passato, hanno in vario modo cancellato i canoni censuari di importo modesto; ma, è bene precisare, ciò non vale per i canoni dovuti in favore di soggetti privati o comunque diversi dalle amministrazioni statali.
Evitare di sottoscrivere istanze di affrancazione prima degli accertamenti
Prima di ciò è di conseguenza bene evitare qualsiasi interlocuzione con il concedente animata dal presupposto di risolvere oralmente la vicenda e, soprattutto, è opportuno non sottoscrivere alcuna istanza di affrancazione dato che essa rappresenta un riconoscimento dell’esistenza del diritto rivendicato dal concedente, indi, come è evidente, diventerebbe poi alquanto arduo contestare lo stesso ove gli accertamenti dovessero fornire elementi in tal senso.
Una volta concluse le indagini necessarie per comprendere l’esistenza del diritto rivendicato dal concedente e verificare la correttezza degli importi richiesti – indagini che possono richiedere una ricostruzione storica, anche normativa, particolarmente risalente nel tempo – sarà possibile interfacciarsi con il concedente, assumendo, in base all’esisto delle informazioni assunte, la posizione più confacente alla caratteristiche della situazione concreta, che potrà andare dal contestare integralmente la pretesa avversaria, al tentare di addivenire ad un accordo per risolvere bonariamente la vicenda, cercando di contenere gli importi richiesti dal concedente.
In generale, infine, è bene precisare che una richiesta di pagamento di un canone enfiteutico non deve mai essere ignorata, posto che, al di là dell’ovvio e altamente probabile rischio di essere evocati in giudizio dal concedente, l’esistenza, nei registri catastali o negli atti pubblici, di riferimenti a ipotetici rapporti enfiteuti potrà costituire comunque un ostacolo alla commerciabilità degli immobili, per cui bisogna rifuggire dall’intenzione di ignorare la cosa o risolvere la questione con una semplice stretta di mano (ammesso sia possibile), poiché gli unici metodi per chiudere definitivamente la vicenda sono la sottoscrizione dinanzi ad un notaio di un atto di affrancazione, la sottoscrizione di un verbale di mediazione in cui il concedente rinuncia ad ogni pretesa o, nei casi in cui le parti non riescano a trovare un accordo, l’avvio di un giudizio dinanzi ad un Tribunale.
Per qualsiasi informazione per capire cosa fare in caso di richiesta di pagamento di canone enfiteutico potete contattarci telefonicamente al 06 39742605 o inviare un’e-mail all’indirizzo info@studiomoscarini.it
avv. Federico Palumbo
Cosa fare in caso di richiesta di pagamento di canone enfiteutico